venerdì 9 marzo 2012

Servi della gleba 2.0

Ecco, io da un po' di tempo ho uno scazzo addosso nel lavorare che sta raggiungendo livelli interplanetari, roba tipo distanza tra la Terra e Saturno andata e ritorno, il cui motivo sta principalmente nella mancanza di una prospettiva a medio e lungo termine che non sia il puro e semplice garantirmi una sopravvivenza sempre meno dignitosa, ché le spese aumentano ogni santo giorno mentre la paga base è ferma da anni, per cui vero che mi va di gran culo che non ho marmocchi da mantenere o ex mogli a carico da alimentare, ma mi girano di parecchio le balle proprio per questo motivo, perché uno dovrebbe avere il sacrosanto diritto di riuscire col suo lavoro a mantenere oltre se stesso pure una famiglia, valore e vanto dell'italica società per come l'abbiamo conosciuta finora. E dunque da un po' di tempo combatto la mattina con quella parte di me che rifiuta la sveglia, ed è una parte molto agguerrita, roba che la soneria gli fa un baffo a quella parte lì, pure se suona più e più volte svegliando tutti tranne quella parte di me che dovrebbe svegliarsi e prendere e alzarsi per recarsi a guadagnare il pane quotidiano e si spera anche un po' di companatico. Combatto, e finora vince il mio io responsabile perché alla lunga mi alzo e vado, ma non è che ci abbia tutta 'sta voglia di passare l'intera giornata a sbrigare pratiche inutili in un ufficio in cemento armato e vetri finestra (che regalano un delizioso effetto serra non appena due raggi di sole ci sbattono addosso -praticamente tutto il giorno-, coibentato così male che dal numero di bestemmie che quotidianamente vengono rivolte a chi lo ha progettato dubito che questo sia ancora in buona salute), dalle quali finestre vedo l'accattivante paesaggio composto da altri capannoni con le stesse dimensioni, caratteristiche e, immagino, stesse temperature interne del mio, e da un pezzo di tangenziale sempre piena di mezzi di locomozione d'ogni sorta. Distante, troppo distante, superando la coltre di smog intravvedo la catena delle alpi, sulle cui cime durante la giornata vado a rifugiarmi, ma solo con la mente, purtroppo.
Combatto dicevo, ché al mattino causa demotivazioni e incertezza nel futuro è sempre più pressante la tentazione di girarsi dall'altra parte e continuare a dormire, ma per il momento rimane più forte il senso di responsabilità verso ormai non si sa più bene cosa e dunque si va a lavorare, speranzosi in un avvenire che consenta prima o poi, e ci si augura prima, di lavorare meno a parità di salario, ché la vita è solo una e cose migliori da fare ce ne sarebbero tante, oppure di lavorare uguale ma guadagnando di più, in maniera da godersi prima o poi il frutto di tanta svendita del proprio preziosissimo tempo. Ma poi ti arriva uno come tale Ignazio Visco, Governatore della Banca d'Italia, e ti dice che bisogna "lavorare di più, in più e per più tempo", e la sensazione che ci abbiano veramente fottuti diventa una sconfortante certezza.
Urgono nuove strategie.

3 commenti:

Minerva ha detto...

Amen sull'ultima riga. E ciò su cui sto lavorando da mesi (ed è tutt'altro tipo di lavoro... e di vita).

Zio Scriba ha detto...

E il bello è che i servi dei giornali padronali riportano oscenità come quella di viscO come se fossero parole giuste e intelligenti, senza uno straccio di trafiletto contraddittorio scritto da qualcuno che pensi con la propria testa. Forse si chiama Ordine dei giornalisti perché sono ligi nell'eseguire gli ordini?

Gap ha detto...

Urgono nuove strategie. Lo sottoscrivo. Forse sarebbe il caso di rispolverarne qualcuna vecchia, dargli una spolverata, ma sempre valida.