mercoledì 17 febbraio 2010

Tempi cupi

Viviamo tempi cupi. Sotto casa c'è una processione giornaliera di gente che rovista nei cassonetti dell'immondizia, alla ricerca di chissà che da rivendere, spero non da mangiare. A poca distanza lavavetri insistenti ricevono insulti e dinieghi e, stazionati davanti a un supermercato, due rivenditori di fazzoletti e paccottiglia aprono la porta a chi sta uscendo con le sporte della spesa. Educatamente salutano e attendono che gli lasci qualcosa, a volte va bene, a volte male.
Intanto gli annunci di lavoro sono sempre di meno e sempre più esigenti, manca poco che per un posto da facchino ti richiedano una laurea in Logistica dei Trasporti e rido amaro, quando in fase di colloquio leccapiedi incravattati mi glorificano la Ditta, manco fosse loro: pensare con la Ditta, ragionare per la Ditta, diventare parte integrante della Ditta, vivere la Ditta, cazzo: la Ditta!
E poi sentire frasi idiote tipo "perchè la crisi è un'opportunità!", parole assurde come competitività e flessibilità, che in ultima analisi si traducono con mobilità e precarietà, e vedere i soliti noti cercare scappatoie per facili ricchezze svendendo quel poco di umano che ancora gli rimane. Viviamo tempi cupi e io provo distacco nel sentire i soliti discorsi di chi dovrebbe cercare di schiarirli, e sfiducia ormai in tutti coloro che hanno perso la strada anni fa e ancora faticano a ritrovarla, gente di sinistra che non sa più cos'è la sinistra.
Eppure sarebbe semplice, basterebbe guardare il fiume di merda che sta lentamente scorrendo a sommergere quella che per poco è stata una nazione e dire un no secco definitivo e duraturo, ergersi al di sopra di quella merda invece di restarne affascinati, elevarsi, e indicare la strada forte e chiaro. Invece no, garantisti, possibilisti, pronti al dialogo (con chi? perchè?), intrallazzati e preoccupati del poco come e forse più degli altri. Incapaci, alla fine, e a noi, che non abbiamo voce in capitolo, che sappiamo cosa vorremmo e a cosa aspiriamo, che pensiamo che in fondo basterebbe un niente, in tutto questo disastro tocca solo stare a guardare lo schifo che scorre. Come in riva a un fiume, ad aspettare che insieme al resto passi il cadavere del nemico.

5 commenti:

Bastian Cuntrari ha detto...

Provo il tuo stesso impotente disgusto e la tua sfiduciata amarezza, Rouge.
Confido anch'io in quel "niente" che potrebbe far cambiare le come. Ma sono seduta - come te - sulla riva del fiume e temo di veder passare sì, il cadavere del nemico, ma anche i cadaveri di tante vittime innocenti, amico mio...

Rouge ha detto...

@ Bastian: ho paura che tu abbia ragione.

Ernest ha detto...

Che altro aggiungere hai detto tutto, e tutto bene e io non posso che sottoscrivere. Credo che però non si possa stare troppo seduti sulla riva del fiume prima o poi bisogna muoversi perché a volte la terra cede e si fa presto a cadere in acqua.
un saluto

SCHIAVI O LIBERI ha detto...

No, io non voglio sedermi e aspettare, serve a poco perchè non è detto che poi le cose cambino in meglio.
Se vogliamo cambiare, dobbiamo organizzarci noi, con una maggiore coscienza della realtà, e provare a fare qualcosa.Tutto il resto è immobilismo, paura di mettersi in gioco.
Non si è mai impotenti,quando ci si organizza.

mario ha detto...

Compreso il nostro di cadavere, e sarà troppo tardi